Milano Fashion&Jewels
22-25 febbraio 2025
fieramilano, Rho
ll greenwashing è la pratica di commercializzare un prodotto o più in generale di promuovere un’azienda in modo che appaia più rispettosa dell'ambiente o più ecologica di quanto non sia in realtà. Così facendo l’azienda si posiziona impropriamente come più green o sostenibile, spesso attraverso vere e proprie azioni di re-branding, con l’obiettivo di conquistare un target di consumatori più sensibile alle tematiche ambientali.
Questa pratica è così diffusa e fuorviante che anche la Commissione Europea, nella sua nuova Strategia dell'UE per prodotti tessili sostenibili e circolari, ne vieta drasticamente l’uso, sottolineando l’importanza di fornire informazioni attendibili e valide ai consumatori per orientare la domanda verso indumenti di qualità meno dannosi per l’ambiente e i lavoratori.
Molto diverso è invece il cosiddetto green marketing, ovvero la promozione da parte di aziende di prodotti o pratiche realmente attente all’ambiente.
Come orientarsi all’interno di questo intricato sistema di pratiche commerciali e imparare a riconoscere chi si propone in maniera onesta e trasparente?
Ecco alcune delle pratiche più diffuse di greenwashing:
L'azienda promuove una pratica sostenibile per attrarre i consumatori, pur tacendo su altri aspetti inquinanti delle proprie attività. Per esempio, potrebbe sottolineare che la loro confezione in carta è riciclabile (e quindi attenta all'ambiente) senza menzionare da quale filiera proviene il materiale utilizzato.
L'affermazione di sostenibilità non è supportata da informazioni concrete e prove facilmente accessibili al consumatore.
Per esempio, sull'etichetta si afferma che il packaging è realizzato con materiali riciclati, ma non viene fornito alcun dettaglio su come avviene il processo, né esiste una certificazione affidabile che possa essere verificata.
La dichiarazione è così ambigua e poco precisa da catturare l'attenzione del consumatore senza fornire alcuna informazione concreta.
È il caso di affermazioni come "prodotto con ingredienti naturali", "realizzato con metodi amici dell'ambiente", "fatto come una volta", “green”...
Anche il piombo è un "ingrediente naturale"... Perciò non tutto ciò che è naturale è necessariamente ecocompatibile!
In altre parole, l’utilizzo di etichette fuorvianti: è il caso di prodotti che utilizzando parole, immagini o addirittura loghi di presunte certificazioni, suggeriscono al consumatore di conformarsi a determinati standard ambientali.
Attenzione dunque all’uso fuorviante di colori e simboli se non sono accompagnati da informazioni precise!
Utilizzare affermazioni ambientali che potrebbero essere vera ma che non sono rilevanti o non portano nessun vantaggio aggiunto per i consumatori interessati a fare scelte più ecologiche.
Un esempio comune riguarda i clorofluorocarburi (CFC), un tipo di gas serra artificiale vietato per legge dagli anni '70. Nonostante ciò, alcune aziende continuano a pubblicizzare i loro prodotti come "senza CFC" per dare l'impressione di essere attente all'ambiente, quando in realtà stanno semplicemente rispettando le leggi esistenti.
Accade quando le dichiarazioni sono accurate, ma tendono a distogliere l'attenzione del consumatore dall'impatto ambientale effettivo di un particolare prodotto.
Un esempio chiaro è la promozione di un'automobile come sostenibile perché utilizza "carburanti verdi". Anche se questo tipo di carburante è meno dannoso rispetto ai combustibili tradizionali, ciò non significa che l'auto non abbia un impatto sull'ambiente!
Affermazioni ambientali che sono semplicemente false. In poche parole: ci stanno dicendo una bugia!
Questo è il caso di alcuni prodotti che affermano di avere "zero impatto ambientale": tutto ciò che produciamo ha un impatto… Affermare il contrario è semplicemente falso.